San Leonardo Confessore (Linarolo), 30 Settembe 2012
Carissimi Parrocchiani,
ci mettiamo, ora, in ascolto del secondo sogno fatto da Giuseppe.
[9]Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò al padre e ai fratelli e disse: <<Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me>>.
[10]Lo narrò dunque al padre e ai fratelli e il padre lo rimproverò e gli disse: <<Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io e tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?>>.
Questo secondo sogno, a differenza del primo, non è più di carattere agricolo, ma astrologico: si parla del sole, della luna, delle stelle (undici, quanto i fratelli). Il significato che vi è sotteso è, però, simile al primo, così come protesta lo stesso Giacobbe (cfr. v. 10).
Oltretutto, questo sogno rispetto al precedente ha due aggravanti: anzitutto, ha un peso e un’autorità maggiore, per il fatto di chiamare in causa il mondo degli astri ritenuti, allora, direttamente influenti sulle vicende umane; in secondo luogo, è ancora più provocatorio del primo per il fatto che Giuseppe non si limita a raccontarlo ai fratelli, ma lo racconta anche ai genitori, forse non senza una certa autocompiacenza.
Per queste ragioni il racconto suscita immediatamente la reazione di Giacobbe nei confronti di Giuseppe. L’esito finale di questa vicenda è riferito al v. 11:
[11]I suoi fratelli perciò erano invidiosi di lui, ma suo padre tenne in mente la cosa.
In famiglia si determinano due comportamenti molto diversi: l’invidia da parte dei fratelli; la custodia nella memoria da parte di Giacobbe.
Giacobbe, pur rimproverando Giuseppe, non gli serba, tuttavia, rancore e accetta di stare a vedere, in attesa di una conferma o di una smentita.
Come sono da interpretare i sogni di Giuseppe? È la domanda che Giacobbe porta nel suo cuore. Sono il frutto della presunzione di un figlio un po’ baldanzoso, inorgoglitosi a motivo della lussuosa tunica che indossa o sono il presagio di un futuro che dovrà realizzarsi?
Così, il versetto finale ci rivela il cruccio interiore di Giacobbe: quello di un padre combattuto tra il timore e la speranza.
Don Luigi Pedrini