20 Maggio 2012

San Leonardo Confessore (Linarolo), 20 Maggio 2012

Carissimi Parrocchiani,

 

da questa domenica cominciamo a seguire il cammino di Giuseppe, figlio di Giacobbe, mettendoci in ascolto dei capitoli 37-50 del libro della Genesi. Questi capitoli costituiscono il cosiddetto “Ciclo di Giuseppe”. Giuseppe è, dunque, il protagonista della terza grande storia patriarcale.

Pertanto, il libro della Genesi, dopo la grande introduzione sulle origini (con i racconti della creazione; i racconti dei tre peccati di origine: quello dei progenitori, di Caino, dei costruttori della Torre di Babele; il racconto della vicenda di Noè), si sviluppa chiaramente in tre parti: il “Ciclo di Abramo” (dal cap. 12 al 25); il “Ciclo di Isacco e Giacobbe” (dal cap. 26 al 36); il “Ciclo di Giuseppe” (dal cap. 37 al 50).

 

Il ciclo di Giuseppe è il più lungo. A differenza dei due precedenti che sono più frammentati è molto armonico e unitario. È un ciclo di grande bellezza, “una preziosa corona che dà splendore a tutti i personaggi precedenti” (C.M. Martini, Due pellegrini per la giustizia, Piemme 1992, p. 28). A prova della ricchezza umana e poetica del testo sta il fatto che uno scrittore come Thomas Mann ne abbia ricavato un romanzo di ben quattro volumi.

Nonostante questo, il ciclo inizia in modo modesto. Non solo non possiede un prologo che faccia da introduzione a Giuseppe, protagonista della vicenda, ma addirittura inizia ancora con la menzione di Giacobbe. Nei primi due versetti del cap. 37 si legge:

 

Giacobbe si stabilì nel paese dove suo padre era stato forestiero, nel paese di Canaan. Giuseppe e i suoi fratelli. Questa è la storia della discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i fratelli. Egli era giovane …

 

Il passaggio da Giacobbe a Giuseppe avviene in modo repentino e, una volta introdotti nel nuovo ciclo, assistiamo qua e là a dei ritorni al ciclo precedente: ci sono, infatti, dei testi in cui Giacobbe ritorna ad essere il protagonista della vicenda. Si verifica, così, un processo di sovrapposizione tra Giacobbe e Giuseppe, tra padre e figlio. Il figlio entra in scena e giunge ad essere protagonista mentre il padre è ancora in vita. D’altra parte, il padre è sempre sullo sfondo e rimane il punto di riferimento ultimo di tutta la vicenda: infatti, il racconto ruota attorno all’esigenza di riscoprire, da parte di tutti i figli, il dono della paternità e, quindi, di accettare in modo pacifico anche il dono della fraternità.

Ha ragione pertanto Schokel quando afferma che il riferimento al padre, è “il polo unificante nella coscienza dei fratelli” (A. Schokel, Giuseppe e i suoi fratelli, Paideia, Roma 1985, p. 12).

 

Don Luigi Pedrini