San Leonardo Confessore (Linarolo), 29 Aprile 2012
Carissimi Parrocchiani,
in seguito al fatto doloroso di cui si sono resi protagonisti i suoi figli, Giacobbe si vede costretto a lasciare Sichem.
Nel frattempo medita di fare un pellegrinaggio a Betel. Betel è il luogo in cui Dio gli era apparso nel sogno, durante la fuga dal fratello Esaù, all’inizio del lungo viaggio che lo avrebbe condotto dallo zio Làbano. Quella notte Giacobbe, per la prima volta, aveva vissuto un vero incontro personale con Dio e aveva anche promesso che, nel caso di un esito positivo del viaggio e della permanenza presso lo zio, avrebbe accolto Dio che gli aveva parlato come il “suo” Dio e quel luogo sarebbe diventato una “casa di preghiera”: Se Dio sarà con me e mi proteggerà in questo viaggio che sto facendo […] se ritornerò sano e salvo alla casa di mio padre, il Signore sarà il mio Dio. Questa pietra, che io ho eretta come stele, sarà una casa di Dio” (Gen 28,20-22). Ora Giacobbe, vuole adempiere quel voto. Ma, mentre sta pensando di fare da solo questo pellegrinaggio, Dio interviene ed imprime una nuova svolta agli avvenimenti.
Dio disse a Giacobbe: “Alzati, và a Betel e abita là; costruisci in quel luogo un altare al Dio che ti è apparso quando fuggivi Esaù, tuo fratello”. Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a quanti erano con lui: “Eliminate gli dei stranieri che avete con voi, purificatevi e cambiate gli abiti. Poi alziamoci e andiamo a Betel, dove io costruirò un altare al Dio che mi ha esaudito al tempo della mia angoscia e che è stato con me nel cammino che ho percorso”(Gen 35,1-3).
Si può notare la naturalezza con cui nel testo si riferisce l’iniziativa di Dio e la prontezza di Giacobbe nell’accogliere le sue parole. Giacobbe è, ormai, il credente che sta imparando a dialogare giorno per giorno con Dio e a camminare continuamente alla sua presenza. Forte di questa illuminazione dall’alto, egli convince i membri della sua famiglia a rimettersi in cammino, non senza prima chiedere anche a loro un passo ulteriore di avvicinamento a Dio e un gesto di purificazione, dopo il male che ha segnato la famiglia: “Eliminate gli dei stranieri che avete con voi, purificatevi…”.
Si verifica, però, a questo punto, un altro fatto sconcertante che apre profondi interrogativi nel cuore del patriarca. Il testo riferisce che “essi consegnarono a Giacobbe tutti gli dei stranieri che possedevano e i pendenti che avevano agli orecchi” e che “Giacobbe li sotterrò sotto la quercia presso Sichem” (Gen 35,4). Ora, tra questi “dei stranieri”, Giacobbe scopre anche le statuette che, a suo tempo, la moglie Rachele aveva sottratto al padre Làbano. Questo furto era stato una ragione dell’attrito tra zio e nipote. Infatti, quando lo zio lo raggiunge nel viaggio che determinerà la loro separazione definitiva rivendica, tra l’altro, la restituzione delle statuette. In quell’occasione Giacobbe, che era all’oscuro del fatto, aveva preso le difese di tutti i familiari e aveva rassicurato lo zio dicendo che se un giorno avesse scoperto l’autore del furto, questi non sarebbe rimasto in vita.
Ora Giacobbe scopre che il furto è stato opera di Rachele, la moglie amata. È una scoperta dolorosa che crea in lui un grande turbamento. Nel suo cuore c’è un affastellarsi di pensieri contradditori che lo riempiono di costernazione. La morte repentina di Debora, nutrice di Rebecca, che avviene proprio a Betel (Gen 35,8), viene a gettare ancor più un’ombra cupa sulla vicenda.
Don Luigi Pedrini