Cari fratelli,
iniziamo con oggi l’Avvento, periodo di quattro settimane che apre ogni anno il ciclo delle celebrazioni del mistero di Cristo.
Come gli altri tempi, ha una festa come punto di riferimento e dalla quale trae il suo preciso significato: il Natale di Gesù Cristo.
La festa del Natale risale alla prima metà del IV ° secolo, ma solo nel VI ° si è formato un tempo di preparazione ascetico-penitenziale che assumerà poi un carattere liturgico.
Al centro di questo periodo si trova l’adventus o venuta del Signore, quella storica nella carne e quella finale nella gloria.
Così la parola latina italianizzata passò a designare il periodo che precede il Natale.
Anche nella struttura attuale l’avvento conserva intatte le due caratteristiche: orientato nelle prime due settimane alla venuta gloriosa; nelle ultime concentrato sulla nascita storica, l’incarnazione del Verbo, del Figlio di Dio.
Il Vangelo ci fornisce questa chiara prospettiva.
Quindi l’Avvento non è la commemorazione della lunga attesa del popolo ebraico, proteso verso il Messia, né semplice preparazione del Natale, ma un tempo vissuto sotto il segno della venuta del Signore: della prima venuta storica, che inaugura il tempo della salvezza, e della seconda venuta, alla fine dei tempi, che ne sarà il compimento.
La prima è fondamento della seconda e la seconda il suo coronamento.
Due venute reali, due eventi strettamente connessi.
Tra la prima e la seconda venuta si colloca il tempo della Chiesa, che celebra l’unico mistero di Cristo, il Cristo che è venuto e che verrà, ma che viene anche nell’oggi nella sua costante manifestazione di Salvatore, raccordando così la venuta storica e quella finale.
La presenza o venuta sacramentale non si aggiunge alle due venute, ma le unisce: il Cristo che è nato, che è morto sulla croce ed è risorto, che è apparso e che apparirà, si fa presente nella celebrazione del mistero.
Don Emilio