Cari fratelli,
la parola di Dio, ci dicono le letture di oggi, è come un fuoco che brucia le nostre freddezze; è come una spada che elimina le esitazioni; come un segno che ci getta nel futuro e nella decisione; come un’energia che ci getta nella corsa; un lievito che fa esplodere ogni nostra paura.
Quale forza di provocazione ha realmente la parola di Dio nel nostro vissuto quotidiano?
Quale scandalo provoca?
O forse si deve pensare all’abitudine di una messa, a un rituale scontato che, una volta concluso, lascia al massimo un po’ d’odore d’incenso?
La fedeltà alla parola di Dio comporta una lotta con sé stessi e con quanto di peccato e di ingiustizia ci circonda.
Occorre dunque la perseveranza.
Essere costanti, fedeli e coraggiosi, vigilanti e decisi per non cadere in quella terribile malattia del nostro tempo che si chiama superficialità o banalità o inconsistenza.
Scrive l’apostolo Giacomo: “Perché se uno ascolta soltanto la parola e non la mette in pratica, somiglia ad un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio; appena s’è osservato, se ne va e subito dimentica com’era”.
La parola di Dio oltre che radice di provocazione etica e spirituale, oltre che appello alla fedeltà, è anche fonte di comprensione sul senso della vita e della storia.
Cristo ha un battesimo di morte da attraversare; il cristiano deve ripeterne l’esperienza nel suo battesimo che è insieme morte e resurrezione.
Cristo desidera accendere un fuoco che purifichi e trasformi; il cristiano riceve il fuoco dello Spirito che lo trasforma in testimone e annunciatore.
Cristo ha portato divisione e scandalo tra i suoi stessi concittadini, annunciando un messaggio radicale ed esigente.
Il cristiano, uomo di pace, si sente oggetto di scandalo e di incomprensione persino tra i suoi familiari.
Ci sorregge però la speranza, che per noi è certezza, che il Signore non ci abbandona mai ed è sempre al nostro fianco per infondere coraggio e confortarci.
Don Emilio.