02 GIUGNO 2019

Cari fratelli,

la solennità dell’Ascensione di Nostro Signore, celebrazione squisitamente pasquale, è un intreccio di speranza e di realismo, proprio come deve essere l’esistenza cristiana.

Ancorata al presente ed al suo impegno nel mondo, essa non deve perdersi in spiritualismi senza corpo, in devozionismi o separatismi di gruppi autoreferenziali.

“Perché guardate il cielo? Andate a Gerusalemme e fino agli estremi confini della terra”.

Ma, d’altra parte, l’esistenza cristiana fiorisce sull’eterno; ha un esodo finale verso un nuovo ordine di rapporti e verso un nuovo mondo.

Perciò deve essere un segnale dell’uomo nuovo, deve annunciare la giustizia e la pace perfetta; deve essere carica di speranza e di gioia.

I segni di questa visione di speranza e di realismo si devono manifestare attraverso la testimonianza cristiana (“mi sarete testimoni”), attraverso la forza del battesimo nello Spirito e della liturgia (“sarete battezzati in Spirito Santo” e “stavano nel tempio lodando Dio”), attraverso l’annunzio (“saranno predicati a tutte le genti la conversione ed il perdono”), attraverso il dono della grazia, che ha implicazione anche fisica (le guarigioni), attraverso la gioia (“tornarono a Gerusalemme con grande gioia”).

L’Ascensione introduce dunque il cristiano sulla scena del mondo e della storia e lo invita ad essere la continuazione nel tempo e nello spazio dell’azione salvifica di Cristo stesso.

Infine è un richiamo all’esperienza della fede e dell’amore, un’esperienza non elitaria ma aperta e possibile a tutti coloro che credono ed amano.

Don Emilio