02 DICEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

ci siamo soffermati a commentare nel dettaglio la promessa con la quale Dio assicura a Davide che benedirà la sua famiglia e che dalla sua discendenza nascerà un re che sarà per lui un figlio e che avrà un trono stabile per sempre.

Ora voglio documentare che questa promessa è sempre rimasta viva nella coscienza di Israele. Anche nel tempo in cui ormai non regna più in Israele la dinastia davidica, la speranza di un suo compimento non si è mai spenta. La conferma viene dai molteplici testi del Nuovo Testamento che espressamente ad essa si richiamano.

Tra questi possiamo ricordare anzitutto alcune parole significative che l’angelo Gabriele rivolge a Maria in occasione dell’Annunciazione. Sono espressioni che riprendono alla lettera la promessa davidica: Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1,32-33). L’elemento nuovo è che queste parole vengono lette ora in riferimento a Gesù.

Anche Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, nella sua preghiera che noi conosciamo sotto il nome di Benedictus, fa espressamente riferimento al messia regale che secondo la promessa fatta a Davide deve nascere nella sua casa: Benedetto il Signore, Dio d’Israele, / perché ha visitato e redento il suo popolo, / e ha suscitato per noi un Salvatore potente / nella casa di Davide, suo servo (Lc 1,68-69).

Pure significative sono le parole con il quale il cieco di Gerico supplica Gesù di prendersi cura di lui: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. L’importanza di questa testimonianza appare evidente se si considera che affiorano sulla bocca di una persona semplice che non beneficiava di un bagaglio teologico. Questo vuol dire che la promessa davidica apparteneva al sostrato culturale del popolo di Israele.

Una conferma di questo viene anche dalle parole che con cui la folla acclama Gesù che entra in Gerusalemme: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!”.

Anche nell’omelia con cui Paolo presenta la novità di Dio che si è compiuta in Gesù, egli può richiamarsi alla promessa davidica come un dato pacificamente conosciuto e consolidato nella coscienza di fede di Israele: Suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù”. […] E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: “Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”. Sì, Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, come ha dichiarato: “Darò a voi le cose sante di Davide, quelle degne di fede” (At 13,22-23.32-34).

Forse le parole finali di questa citazione non sono immediatamente comprensibili. Il senso però è questo: “Le cose sante di Davide”, vale a dire le promesse che Dio gli ha fatto, proprio in quanto vengono da Lui, non possono venire meno e andranno a compimento. Esse pertanto meritano di essere credute e accolte nella fede. Tuttavia, ora, quelle parole non sono più misteriose come in passato, per il fatto che noi sappiamo il modo con cui Dio le ha realizzate: la promessa fatta allora ha trovato compimento nella risurrezione di Cristo.

Don Luigi Pedrini