11 NOVEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

considerando ora il testo della cosiddetta ‘promessa davidica’ noi andiamo al cuore della vicenda di Davide: Dio gli promette che gli farà una casa. Naturalmente l’affermazione va preso in tutta l’ampiezza del suo significato: qui ‘casa’ significa ‘discendenza’, ‘regno’. Dunque, Dio si fa garante per Davide di un futuro imperituro. Questo spiega come mai Davide diventerà d’ora in avanti un riferimento costante nella Scrittura.

Il contesto nel quale si colloca la promessa è costituito da una situazione di pace che Davide ha conseguito dopo aver riportato vittoria sui nemici e aver messo al sicuro i confini del regno. In questa situazione di stabilità matura il progetto di costruire in Gerusalemme un tempio, cioè un edificio consono ad accogliere l’arca dell’alleanza e a diventare in Israele il simbolo della presenza di Jahwé in mezzo al suo popolo.

Di questo proposito Davide informa il profeta Natan: “Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda” e ne dà anche la motivazione: non è giusto che Lui viva in una reggia, mentre l’arca di Dio abbia come dimora una semplice tenda.

L’intenzione di Davide è lodevole e mossa da una sincera riconoscenza. È vero però che, non di rado, in queste iniziative può insinuarsi anche un elemento di ambiguità capace di inquinare la bontà dell’intenzione. Rossi de Gasperis ricorda che “è un comportamento tipico di uomini religiosi, una volta che abbiano acquistato potere e denaro, immaginare di ‘fare gradi opere per il Signore’. Ma non è mai così sicuro che, nei donatori, l’intento di erigere monumenti al Signore, non nasconda quello di erigere monumenti a sé stessi” (Prendi il libro, p. 139).

In ogni caso, dopo l’approvazione forse un po’ affrettata da parte del profeta Natan, Dio parla al profeta e lo invita a farsi intermediario presso il re per correggere il suo progetto: Quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: 5“Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? 6Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione. 7Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro?”.

Dunque, Dio prende le distanze da questo progetto. Fa presente che anche dopo la conquista della terra da parte di Israele, egli è sempre rimasto un Dio nomade. Da queste parole si ricava quasi l’impressione che non gli sia dispiaciuto di aver abitato fino ad ora sotto una tenda. Ma poi Dio ricorda a Davide la storia di grazia che lo ha generato, quella storia che costituisce il ‘principio e fondamento’ del suo cammino di fede.

Sono parole molto belle, nelle quali Davide da una parte si vede rileggere da Dio stesso tutta la sua storia, dall’altra vede aprirsi davanti a sé un futuro di speranza che supera ogni sua aspettativa: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. 9Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. 10Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato 11e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa”.

Le ultime parole “Il Signore ti annuncia che farà a te una casa” (v. 11) contengono una rivelazione espressa nella forma di un oracolo solenne. L’importanza di questa rivelazione non è passata inosservata. Infatti, questa promessa sarà ripresa e rilanciata in molti testi successivi della Scrittura: la ritroviamo nel libro di Isaia, di Geremia, di Amos, di Zaccaria e nei Salmi.

                                                                                                                  Don Luigi Pedrini