Carissimi Parrocchiani,
nel nostro racconto arriviamo alla quinta scena nella quale assistiamo al duello tra Davide e Golia. La scena si apre con le parole di disprezzo che Golia proferisce nei confronti di Davide. Reputa infatti un’offesa al suo onore dover combattere contro un ragazzo fulvo di capelli e di bell’aspetto (v. 42) e armato solo di un bastone. Che gli israeliti pensino di sbarazzarsi di lui servendosi di un ragazzino gli appare proprio offensivo. Il Filisteo disse a Davide: “Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?”. E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dei (v. 43)
Davide, però, non si lascia intimidire dalle sue parole e risponde alla minaccia con un’altra minaccia nominando, come già aveva fatto in precedenza con Saul, chi è il vero combattente chiamato in causa in questa sfida: “Del Signore è la guerra ed egli vi metterà certo nelle nostre mani” (v. 47).
Da parte sua si rimette completamente nelle mani di Dio: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai sfidato” (v. 45).
Il duello si svolge in modo molto rapido e viene descritto in quattro soli versetti: Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide, questi corse a prendere posizione in fretta contro il Filisteo. Davide cacciò la mano nella sacca, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra, colpì il Filisteo e l’uccise, benché Davide non avesse spada. Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga (vv. 48-51).
Così, improvvisamente, Golia, il gigante che incuteva paura solo al vederlo avvolto com’era nella sua imponente armatura, crolla rovinosamente a terra. La sua morte, pur aprendo la strada agli Israeliti per una totale vittoria nei confronti dei Filistei, non ha tuttavia soltanto un valore dal punto di vista militare. Più grande – come fa notare Costacurta – è il suo valore simbolico: “Il mostro che voleva distruggere le schiere del Dio vivente si rivela per ciò che era: un ammasso di forza bruta, di muscoli e di armi, ma senza la vera consistenza che viene dalla bontà e dalla fede. Così, basta un sasso, se lanciato con destrezza e fidando del Signore, per buttare giù quella montagna di arroganza. […] Davanti al Signore che combatte, la potenza falsa e idolatrica degli uomini deve piegarsi, ed è la piccolezza credente a uscirne vittoriosa” (Con la cetra e con la fionda, p. 68).
Dunque, Golia è simbolo di tutte le pretese umane che fanno la voce grossa per imporsi e che nel momento in cui vengono a scontrarsi con una fede vera rivelano la loro identità di idoli vuoti dai piedi di argilla destinati a frantumarsi al primo sasso che cade su di loro.
Da notare che in tutta questa vicenda drammatica in cui è in gioco il destino di Israele Saul rimane una figura marginale. È Davide invece la figura emergente: è il giovane pastore che si trova improvvisamente innalzato a eroe di Israele. A differenza di Saul egli ha saputo essere all’altezza della situazione e a comportarsi da vero re. È il consacrato di Dio che ha avuto il coraggio di rinunciare all’armatura dei forti per combattere con le armi deboli riponendo interamente la propria fiducia nel Signore.
Don Luigi Pedrini