Carissimi Parrocchiani,
dopo aver ascoltato il racconto del libro di Giosué circa l’insediamento degli Israeliti nella Terra Promessa, ascoltiamo ora il racconto del libro dei Giudici.
Questo libro, come già accennavo, offre un quadro molto diverso della situazione di Israele in terra di Canaan. Dopo la morte di Giosuè la conquista dei territori assegnati alle diverse tribù appare realizzata solo in parte. In effetti, di questa situazione ancora fluida, c’è qualche velata allusione anche nello stesso libro di Giosué. Ad esempio in Gs 17,12-18 si dice che i figli di Giuseppe sono costretti a disboscare le montagne per abitarvi. Il significato di questa precisazione è evidente: fa capire che gli Israeliti non possono stabilirsi in pianura perché le popolazioni del luogo si oppongono e, di conseguenza, devono riparare sulle montagne. Nella stessa linea Gs 19,40-48.
Dunque, la situazione reale è questa: le popolazioni indigene permangono e in genere abitano nella pianura; gli israeliti si insediano, ma sono confinati sulle montagne. Sono gruppi isolati, distanti tra loro, che spesso devono subire le angherie delle popolazioni del luogo meglio organizzate sotto tutti gli aspetti.
Gli Israeliti, infatti, si presentano in questo momento come un popolo disorganizzato e indifeso; non solo perché non posseggono un vero apparato militare, ma anche perché non hanno un ordinamento al proprio interno e neppure un capo di governo: “Sono in preda – scrive Rossi de Gasperis – a una continua anarchia” (p. 114) a cui si pone rimedio di tanto in tanto perché Dio suscita tra il popolo un capo carismatico, un ‘giudice’, che lo libera dall’oppressione dei nemici.
Il ritornello con cui nel libro viene presentato il giudice suscitato da Dio e per questo abilitato ad assumere la responsabilità di liberatore del popolo è “Lo Spirito di YHWH fu su di lui”. Ma a questo ritornello ne fa eco, nel libro, un altro assai meno lusinghiero: Ma quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi più dei loro padri, seguendo altri dei per servirli e prostrarsi davanti a loro, non desistendo dalle loro pratiche e dalla loro condotta ostinata (Gdc 2,19).
Questa nota mette in luce una vistosa differenza rispetto al libro di Giosué: là si esaltava la ferma volontà degli Israeliti di prendere le distanze dalle tradizioni degli abitanti del luogo rifiutando ogni forma di compromesso; qui invece si dice più volte che gli Israeliti non solo accettano di convivere con le popolazioni indigene, ma anche che spesso si lasciano contaminare dalla loro idolatria.
Come va spiegata questa differenza? Le risposta che danno gli esegeti al riguardo sono diverse. Ma rimandiamo alla prossima settimana.
Don Luigi Pedrini