Carissimi Parrocchiani,
come già accennavo, il libro di Giosuè presenta l’insediamento degli Israeliti nella Terra promessa come frutto di una guerra-lampo: in un tempo piuttosto circoscritto, avanzando di vittoria in vittoria, si sono impadroniti della terra di Canaan e vi si sono stabiliti.
Gli avvenimenti bellici di conquista sono riferiti nei primi dodici capitoli del libro. Giosuè viene presentato come un nuovo Mosè: anch’egli può contare sulla protezione di Dio che lo ha scelto e inviato. Secondo la sua promessa, se sarà coraggioso, forte, retto nell’osservanza della legge, sperimenterà la mano forte di Dio e avrà successo in ogni impresa (Gs 1,6-9): la terra sarà insieme conquista e dono dall’Alto, come Mosè aveva chiaramente predetto (Dt 11,8-9).
Con molteplici segni Dio manifesta la sua azione salvifica a favore degli Israeliti. Così, ad esempio, il passaggio del fiume Giordano avviene miracolosamente in modo del tutto simile a quello straordinario del Mar Rosso: le acque del fiume arrestano il loro corso così che gli Israeliti attraversano all’asciutto il letto del fiume. Ugualmente la conquista di Gerico, la prima città che incontrano venendo dal deserto, una città importante, fortificata, praticamente imprendibile grazie al deserto che la circonda, avviene attraverso una sorta di celebrazione liturgica. Così la sintetizza nel suo commento Francesco Rossi de Gasperis: “Per sei giorni, sette sacerdoti portano sette trombe di corno d’ariete davanti all’Arca di YHWH. L’avanguardia armata marcia davanti all’arca, mentre la retroguardia lo segue. Tutti procedono in silenzio al suono degli shofar e fanno un giro attorno alla città. Il settimo giorno, al sorgere dell’aurora, il giro intorno alla città viene ripetuto sette volte e Giosué ordina a tutto il popolo di lanciare il grido di guerra […] In risonanza con questo grido, le mura di Gerico crollano da sole e il popolo sale verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, la occupa e la vita allo sterminio” (Sentieri di vita, 2.1., Paoline, Milano 2006, pp. 111-112).
La conquista di Gerico non è che il primo di tutta una serie di eventi favorevoli che spianano progressivamente la strada all’avanzata degli Israeliti. In questo modo il racconto mira a mettere in risalto l’opera decisiva di Dio e a celebrare la sua Provvidenza. Chiaramente, da questo punto di vista, la Terra promessa è anzitutto una terra ‘donata’, prima che essere una terra ‘conquistata’.
Così, Giosué entra in possesso di tutto il paese: prima ‘conquista’ la parte meridionale e centrale; poi quella settentrionale; infine, le terre che stanno a est del Giordano. Questa seconda parte del libro si conclude elencando le vittorie di Israele, come pure i popoli e i re sconfitti.
La seconda parte del libro (cap. 13 – 23) parla della ripartizione del paese fra le dodici tribù in Israele. Con una solenne assemblea che si svolge a Sichem nella quale gli Israeliti rinnovano l’alleanza del Sinai e dichiarano espressamente la volontà di obbedire con impegno e serietà alla legge di Dio si conclude il libro (Gs 24,1-28).
L’impressione fondata che rimane in chi legge il testo è che gli Israeliti sono ormai pienamente insediati nella Terra promessa, vi abitano da padroni, mentre gli altri popoli non hanno più alcuna voce in capitolo. In realtà le cose non stanno esattamente così. Ma vedremo più avanti.
Don Luigi Pedrini