23 Ottobre 2016

Carissimi Parrocchiani,

             giunti al termine del cammino di Mosè, prima di congedarci da lui, voglio dire una parola sul testo al quale abbiamo fatto puntualmente riferimento al termine di ogni nostra tappa, cioè La vita di Mosè di san Gregorio di Nissa. Anzitutto per spiegare come è nato questo libro e come è strutturato; in secondo luogo, raccogliere in sintesi l’originale intenzionalità di questo testo che invita a leggere il cammino di Mosè come il viaggio spirituale di ogni credente verso la perfezione della fede.

            All’origine di questo testo sta la richiesta che un giovane, probabilmente un monaco, aveva rivolto a san Gregorio di Nissa per avere da lui, “padre per tante anime”, qualche suo saggio consiglio sulla perfezione cristiana. Così è nata La vita di Mosè che è comunemente riconosciuta come un’opera di notevole valore ascetico-mistico.

È probabile che una certa influenza su san Gregorio nella scelta di porre attenzione alla vita di Mosè sia venuta da due precedenti che egli conosceva: un’opera scritta dal giudeo Filone (+ 50 d. C.) intitolata De vita Moysis e il contributo di un autore cristiano, Origene: il riferimento va alla Omelia 27 sui Numeri. San Gregorio, tuttavia, sviluppa la sua riflessione in modo del tutto originale.

L’opera si sviluppa due parti: la prima, più breve, si limita a raccontare i fatti, la trama della vicenda di Mosè; la seconda, più lunga, ne dà l’interpretazione spirituale con l’intento di stimolare il lettore alla pratica della virtù.

L’obiettivo di questa seconda parte è di descrivere una sorta di viaggio spirituale dell’anima verso le vette della perfezione cristiana. Si parte dalla lotta contro i vizi e le passioni e ci si eleva, passo dopo passo, in un cammino in continua progressione, verso le vette delle virtù.

Si tratta di un’ascesa incessante e, quindi, mai conclusa. Questo perché, come spiega san Gregorio, “chi persegue la virtù non mira ad altro che possedere Dio, la virtù per eccellenza”, obiettivo che chiaramente supera le possibilità dell’uomo: come potrebbe l’uomo finito possedere in sé Dio che è infinito? E allora che cosa possiamo fare? Si tratta – risponde san Gregorio – di “impegnarsi con ogni sforzo a non allontanarsi da quel grado di perfezione a noi possibile e farne sempre più graduale acquisto”, cercando quindi di migliorare sempre, perché “la sosta nella corsa della virtù è inizio della corsa verso il male” (p. 49).

In questo orizzonte si comprende che la scelta di san Gregorio sia caduta su Mosè: egli da uomo virtuoso, pellegrino nel deserto alla testa degli israeliti, sempre proteso verso un’ascesa senza sosta verso l’Alto, è modello esemplare di ogni anima che desidera progredire nella fede.

Don Luigi Pedrini