Carissimi Parrocchiani,
l’ultima volta ho fornito una prima spiegazione del rimprovero di poca fede che Dio gli ha fatto in occasione di quanto accaduto a Massa e Meriba.
Ora voglio ricordare una seconda interpretazione che si fa leva su alcuni testi che si trovano nel libro del Deuteronomio (cfr. 1,37; 3,26; 4,21)
Essi ravvisano una mancanza di fede nel fatto che Mosè una volta attraversato il Mar Rosso abbia consentito agli israeliti di intraprendere la via più lunga per entrare nella Terra promessa. Se avesse scelto di entrare da sud, sarebbero andati incontro a un tragitto più breve che li avrebbe condotti in tempi rapidi al confronto con gli abitanti del luogo.
Mosè, invece, ha preferito la strada dell’est, strada più lunga che gli ha consentito un avvicinamento più graduale alla terra promessa e anche un tempo più lungo per preparare gli israeliti a un non facile insediamento nella Terra promessa. Ha optato, dunque, per la scelta meno rischiosa, quella che meno esponeva gli israeliti al pericolo dello scoraggiamento e maggiormente li aiutava a maturare una maggior fiducia nella proprie forze.
Ma proprio in questo si può vedere una mancanza di fiducia nel Signore: Egli, per liberarli dal faraone, non ha fatto ricorso a cavalli e cavalieri, ma gli è bastato ‘snudare’ il suo santo braccio per ridurre all’impotenza il faraone e il suo esercito,
Astenendoci dal prendere posizione in favore dell’una o dell’altra interpretazione, sta di fatto che la poca fede testimoniata in questa circostanza, adombrata ulteriormente anche dalle parole insipienti che gli sono uscite in quel momento in cui la sua pazienza veniva messa alla prova, gli è costata l’umiliazione di vedersi preclusa la possibilità di entrare con il suo popolo nella Terra promessa. Egli la vedrà, ma solo da lontano (cfr. Nm 20,1-13.22-29); 33,38-39; Dt 3,23-28; 4,21-22).
Mosè da parte sua saprà accettare tutto questo con molta dignità, umiltà, semplicità di cuore.
Questa “caduta” di fede da parte di Mosè è significativa anche per noi: viene a ricordarci che ogni cammino di fede, per quanto luminoso, può sempre conoscere un oscuramento improvviso, un momento difficile che può determinare anche una caduta. Accade così che quel carico di responsabilità che si è portato bene anche per anni a un certo punto assume i contorni di un peso insopportabile e, alla fine, si cede.
Naturalmente qui stiamo parlando di una sofferenza che è tipica dell’apostolato: infatti, ll’aver accettato di servire il Signore ci fa meritevole non di una promessa di indefettibilità, ma di una promessa di fedeltà e di perdono.
Può accadere pertanto anche a noi come a Mosè di sbagliare, forse per troppa compassione, forse per un coinvolgimento eccessivo con la gente che rischia di mettere in ombra il primato della Parola di Dio nella nostra vita, E tuttavia, come Mosè sappiamo di poter sempre contare al di là di tutto sulla fedeltà e la misericordia del Signore.
don Luigi Pedrini