19 Giugno 2016

Carissimi Parrocchiani,

l’ultima volta ci siamo soffermati su alcune sofferenze conosciute da Mosè nell’accompagnare il suo popolo verso la terra promessa. Ora dobbiamo ricordarne ancora una: la messa a prova della pazienza. Ne danno testimonianza gli episodi nei quali si confronta con l’ostinazione del faraone, come pure quelli in cui si scontra con la fede povera degli israeliti portati più a cedere al lamento che non a rimettersi con fiducia nelle mani di Dio.

In questo orizzonte è significativo un episodio singolare: la sua particolarità deriva dal fatto che si colloca nella cornice dei rapporti familiari. Infatti, a un certo punto Mosè si vede contestato nella sua autorità da persone dalle quali non si sarebbe mai aspettato un’iniziativa del genere: la critica infatti viene sollevata dalla sorella Maria e dal fratello Aronne e fa leva sul fatto – a loro giudizio deprecabile – che egli era sposato con Zippora, una donna straniera.

Questa è la motivazione che viene addotta per giustificare la critica sollevata. Il testo, però, lascia intravedere sullo sfondo di questa presa di posizione una punta di gelosia nei confronti del fratello: Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva sposata; infatti aveva sposato una Etiope. Dissero: “Il Signore ha forse parlato soltanto per mezzo di Mosè? Non ha parlato anche per mezzo nostro?”. Il Signore udì (Nm 12,1-2).

Il dolore di questa critica è reso ancora più acuto dal fatto che si tratta di persone care, persone che gli sono sempre state molto vicine: Maria è colei che lo ha salvato dalle acque del Nilo; Aronne è il suo braccio destro, è la sua voce.

Il testo, inoltre, lascia comprendere che alla radice di questa critica c’è una messa in questione dell’autorità del fratello e insieme la richiesta di affiancarsi a lui nell’esercizio dell’autorità. Essi non condividono il fatto che Mosè non debba rendere conto a nessuno di se stesso, possa fare scelte libere in rapporto ai costumi morali del suo popolo e, quindi, decidere di avere per moglie una donna straniera.

Dunque, Maria e Aronne ritengono che Mosè stia esagerando e che debba un po’ ridimensionarsi. Il suo ‘abuso di potere’ li fa sentire come messi da parte e questo li rende un po’ invidiosi e gelosi nei confronti del fratello.

Mosè viene così a trovarsi in una situazione imbarazzante: l’incrinarsi dei rapporti all’interno della sua famiglia rischia di trasformarsi in una contro-testimonianza nei confronti di quel popolo al quale egli è preposto come guida. È una situazione che oltre ad addolorarlo, lo umilia anche profondamente.

Come ha reagito Mosè? Il testo racconta che propria a causa di questa parola di critica Maria si ammala di lebbra e che Aronne si rivolge a Mosè perché interceda e ottenga da Dio la guarigione. Mosè, senza rimproverare nulla, accetta. Si fa carico della sorella nella preghiera; chiede a Dio il dono della guarigione, viene esaudito: di nuovo ritorna la pace in famiglia.

Questo episodio insieme agli altri rivela Mosè come un uomo paziente che non reagisce sull’onda del sentimento immediato, non fa ricorso a misure repressive e neppure reagisce criticando a sua volta. È invece un uomo che ha imparato a tacere, a lasciar fare al Signore, sopportando interiormente, con grande dignità, il dolore per il torto subito.

Don Luigi Pedrini