14 Febbraio 2016

Carissimi Parrocchiani,

 

concludevo la settimana scorsa riferendo che la richiesta avanzata dagli israeliti: “Facci un dio che cammina davanti a noi” viene accolta da Aronne.

A questo punto il testo biblico fa assistere a un improvviso cambio di scena. Il narratore fa passare improvvisamente dalla scena festosa che si svolge a valle con canti e danze, feste e banchetti, ad una scena lontana dal chiasso nella quale ci presenta l’autentico volto di Dio e la religiosità di un vero uomo di preghiera: Mosè.

Inizia a questo punto il grande dialogo tra Mosè e Dio che è uno dei momenti più importanti della vita di Mosè ed è anche tra le esperienze più significative di preghiera riferite dall’Antico Testamento.

 

7 Allora il Signore disse a Mosè: “Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. 8 Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto””. 9 Il Signore disse inoltre a Mosè: “Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. 10 Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione” (Es 32,7-10).

 

Ci sono due stranezze nelle parole che Dio rivolge a Mosè. La prima la cogliamo nell’espressione “tuo popolo” seguita dalla precisazione “che tu hai fatto uscire dall’Egitto”. Stando a queste parole sembra quasi che Dio sorvoli sul fatto che Israele à anzitutto il ‘suo’ popolo, il popolo sul quale Egli liberamente ha deciso di chinarsi ponendo ascolto al lamento che innalzava nella sua schiavitù. Ugualmente, sembra che Dio passi sopra al fatto è Lui il vero liberatore degli Israeliti: il suo braccio potente ha compiuto i prodigi con cui l’ha liberato dalle mani del faraone e non Mosè che è un semplice strumento al suo servizio.

Questa è, dunque, la prima stranezza. Mosè, però, non accetta di addossarsi da solo la responsabilità di quanto accaduto e nella sua risposta osa rispondere a Dio ribaltando i termini. Il v. 11 mette bene in luce fin dove Mosè ha osato controbattere a Dio. Si legge: “Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente?”.

Dunque, Mosè ricorda a Dio che in tutta questa vicenda è implicato anche Lui, anzi soprattutto Lui dal momento che gli israeliti sono il “suo popolo”. Vedremo la prossima che Dio non si sentirà per nulla rimproverato da queste parole: probabilmente era proprio quello che voleva sentirsi dire da Mosè.

Don Luigi Pedrini