Carissimi Parrocchiani,
prima di congedarci da questo secondo episodio del cammino spirituale di Mosè voglio raccogliere qualche insegnamento per la nostra vita.
La straordinaria esperienza che Mosè vive sul monte Oreb mette in luce alcune condizioni fondamentali che favoriscono l’autentica esperienza di Dio. Anzitutto, la solitudine nella quale Mosè vive l’incontro con Dio, ricorda l’importanza del silenzio.
“Oggi noi abbiamo perso l’abitudine al silenzio”: l’osservazione anche se è stata fatta alcuni fa dallo scrittore Mario Pomilio, rimane alquanto attuale. L’invadenza dei mass media rischia di privarci totalmente di questa dimensione. Forse questa fuga dal silenzio nasce da un bisogno eccessivo di essere sempre connessi per il desiderio di avere informazioni su tutto o forse è motivata dal fatto – come annotava ancora lo scrittore – “che abbiamo paura di confrontarci con la verità”. Per questa strada, però – metteva in guardia lo scrittore – “non possiamo crescere: siamo condannati alla mediocrità”.
Un altro scrittore che ha richiamato il valore del silenzio è Carlo Carretto. Egli nel 1954 si è trasferito per un certo tempo nel deserto per trovare spazi di raccoglimento e di preghiera. Così, ha giustificato la sua scelta: “Vado nel deserto per disintossicarmi da una vita nella quale non trovo più Dio”. Da quell’esperienza ha tratto, poi, un libro intitolato Lettere dal deserto nel quale confessa di aver ritrovato in quella solitudine la capacità di guardare le stelle, il cielo, il sole, un tramonto, il movimento della sabbia, un fiore; di aver recuperato la sintonia con il messaggio delle cose, che è voce di Dio; ma soprattutto di aver trovato nuovamente il senso vivo della presenza di Dio e, insieme, la pace con se stesso. Quella di Carretto è, indubbiamente, una scelta estrema che richiede, peraltro, una preparazione e anche una certa predisposizione. Certo è che tutti abbiamo bisogno di trovare nella nostra vita momenti di silenzio: passa di lì la strada per scoprire la presenza di Dio in noi e intorno a noi.
Ma come potremmo definire propriamente il silenzio? Così risponde il Card. Martini: “Il silenzio è qualcosa che oggi non c’è praticamente quasi più in nessun luogo (forse sulla cima di un ghiacciaio, ma quando non passano vicino impianti di risalita per sciatori!). […] Per tentare qualche chiarimento, possiamo dire che il silenzio non è mutismo, cioè assenza di parola, di comunicazione. […] Il silenzio è quella condizione mediante la quale io riesco ad ascoltare veramente una persona. Dunque, quando ascolto davvero me stesso – ciò che capita forse molto di rado – allora comincio a capire cos’è davvero il silenzio; o quando ascolto davvero un altro, senza sovrapporre le mie parole e i miei pensieri. E ancora di più comincio a capire cos’è il silenzio, quando mi metto davvero ad ascoltare Dio. […] È una perla preziosa, e bisogna scavare molto a fondo nella propria vita e nel proprio ambiente per trovarla. Ma, grazie, a Dio, esiste e se qualcuno la cerca la troverà” (C. M. Martini, Il silenzio, Piemme, Casale Monferrato, 19943).
Don Luigi Pedrini