Carissimi Parrocchiani,
riprendendo le fila della vicenda di Mosè dopo le feste natalizie, vi invito a tornare sui fatti commentati fino ad ora per cogliervi alcune prefigurazioni della vita stessa di Gesù. Si tratta di parallelismi singolari che contribuiscono ad illuminare sia la vita di Mosè sia la vita di Gesù.
Un primo parallelismo è costituito dalla strage dei bambini che fa da cornice drammatica a entrambe le nascite: nel caso di Mosè è decretata dal faraone; nel caso di Gesù dal re Erode. All’origine di tutto il timore dei due regnanti di perdere il potere. A questo riguardo, la letteratura aggadica (si tratta di commenti al Pentateuco ad opera dei rabbini: risalgono a pochi decenni prima della nascita di Gesù e tendono ad amplificare gli avvenimenti dell’Esodo) nel suo commento alla figura di Mosè, offre una spiegazione singolare della decisione del faraone di far morire tutti i bambini di Israele nel Nilo. Spiega che all’origine ci sarebbe stato un sogno fatto dal faraone.
Il Faraone vide una bilancia e, sui piatti della bilancia, da una parte tutto il paese d’Egitto e dall’altra – meravigliosa cosa – un agnello. […] Il piatto dove era posto l’agnello andava giù, mentre il piatto dove posava tutto il paese d’Egitto saliva. Questo sogno misterioso impaurì e sgomentò il faraone. Appena sveglio egli chiamò i magi di tutto l’Egitto perché volessero spiegargli il sogno. E i magi dissero al faraone: “Tempo verrà che un figlio di Israele distruggerà tutto l’Egitto: tutto l’Egitto insieme non avrà potere su di lui; egli sarà il vero re”. Il faraone geloso del proprio potere che vedeva minacciato dal re dei Giudei annunciato da magi, volle salvare questo potere cercando di trucidare l’agnello che avrebbe dovuto sgominare la potenza dell’Egitto.
Questi stessi testi, commentando la promessa che si trova nel Deuteronomio secondo la quale Dio avrebbe mandato un profeta simile a Mosè, spiegano che si riferisce alla venuta del Messia: sarebbe stato un Mosè redivivo. È molto probabile che Matteo quando narrava la strage degli innocenti presentando Gesù come Salvatore avesse presente tutto questo.
Una seconda prefigurazione di Gesù la cogliamo nella scelta generosa di Mosè a favore del suo popolo. Si coinvolge e si espone fino a rinunciare ai privilegi di cui godeva nella casa del faraone pur di farsi solidale con i suoi fratelli schiavi e perseguitati. Sta di fatto che questa presa di posizione si esprimerà nella decisione di uscire per sempre dalla casa del Faraone e diventare egli stesso esule in terra straniera come i suoi fratelli.
Anche in Gesù troviamo questo dinamismo di auto-spoliazione di ogni privilegio e di solidarietà verso di noi. Lo dichiara in modo perentorio san Paolo nella lettera ai Filippesi quando scrive che Gesù “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso per apparire uomo come noi” (Fil 2,6ss). Dunque Gesù, nonostante potesse venire in mezzo a noi forte delle sue prerogative divine, ha preferito rinunciarvi e presentarsi uomo del tutto simile a noi. Davvero – come ci hanno ricordato le feste del Natale – si è incarnato, cioè ha assunto veramente la debolezza della nostra carne, realizzando così un mistero che non finirà mai di stupirci.
Don Luigi Pedrini