07 Dicembre 2014

Carissimi Parrocchiani,

la scorsa settimana abbiamo lasciato Mosè in fuga dell’Egitto per il fatto che il faraone vuole punirlo con la morte. Giunge nella terra di Madian, nel deserto, presso il monte Sinai e trovato un pozzo si disseta e, poi, siede per riposarsi. Ed, ecco, che cosa accade:

16Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua e riempirono gli abbeveratoi per far bere il gregge del padre. 17Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difendere le ragazze e fece bere il loro bestiame. 18Tornarono dal loro padre Reuèl e questi disse loro: “Come mai oggi avete fatto ritorno così in fretta?”. 19Risposero: “Un uomo, un Egiziano, ci ha liberato dalle mani dei pastori; lui stesso ha attinto per noi e ha fatto bere il gregge”. 20Quegli disse alle figlie: “Dov’è? Perché avete lasciato là quell’uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!”. 21Così Mosè accettò di abitare con quell’uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Sipporà. 22Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Ghersom, perché diceva: “Vivo come forestiero in terra straniera!”.

23Dopo molto tempo il re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. 25Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero.

Anche in questo episodio ritroviamo sia la generosità sia il senso di giustizia che animano il cuore di Mosè. Ancora una volta interviene in favore del più debole, dell’oppresso. Il suo gesto gli procura la stima e la fiducia di Reuel (Raguele, poi Ietro) che lo accoglie in casa sua e gli dà in moglie una sua figlia, Sipporà. Mosè – dice il testo – accettò di abitare con quell’uomo (v. 21). Questa disponibilità segna una svolta nella sua vita: è l’inizio di un nuovo cammino che, passo dopo passo, lo aiuterà a riprendersi dallo scacco subito e a ricostruirsi interiormente.

Un Egiziano ci ha liberato dalle mani dei pastori (v. 19): Mosè viene identificato erroneamente come un egiziano. È un errore di valutazione che, però, acquista per lui, valore di rivelazione. Mosè si rende conto di avere alle spalle un passato che gli ha dato i sembianti di un egiziano. Tra lui e il suo popolo si è creata una distanza, così che è del tutto comprensibile la diffidenza che ha manifestato nei confronti della sua iniziativa di liberazione e di riscatto. Il superamento di questa diffidenza richiede che egli svesta i panni egiziani e torni a indossare quelli del suo popolo. Così, il tempo di Madian, diventa per Mosè un prezioso tempo di purificazione. Il ritrovarsi emigrato in terra straniera lo allinea perfettamente con la condizione dei suoi fratelli in Egitto e lo assimila del tutto a loro. Ora sul terreno del suo cuore va iniziando il delicato lavoro dell’aratura e la semente della vocazione e della missione che Dio sta per offrirgli è pronta per affondare le sue radici e attecchire.

Don Luigi Pedrini