16 Novembre 2014

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver visto come sono andate le cose nella singolare nascita di Mosè, facciamo ora qualche considerazione.

Il testo racconta che Mosè si è salvato dalle acque del Nilo grazie ad una cesta di vimini spalmata di bitume dentro e fuori nella quale era stato collocato. Questa cesta che per Mosè è stata come una scialuppa di salvataggio richiama alla mente l’arca che, all’epoca del diluvio, ha salvato Noè, la sua famiglia e gli animali. Ora, grazie a questa singolare ‘arca’, ad essere salvato è soltanto un bambino, un bambino di pochi giorni.

Proponendo questa sorta di parallelismo tra Noè e Mosè il testo biblico vuole dire una cosa molto importante. Come con Noè Dio ha stretto un’alleanza con la quale offriva in difesa dell’umanità e della creazione la sua benedizione, così con Mosè torna ad offrire un’altra alleanza con la quale dà inizio ad una storia nuova: la storia della salvezza che conduce a Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, nel quale siamo benedetti da Dio con ogni benedizione (cfr. Ef. ). Dunque, Noè e Mosè rimandano entrambi a due nuovi inizi. Possiamo, però, notare una differenza: il secondo inizio è molto più umile del primo: un bambino, una cesta. Comincia a manifestarsi quello stile di povertà tipico dell’agire di Dio che caratterizzerà anche la venuta del Messia: il Figlio di Dio, il Salvatore nel mondo, nasce da una famiglia povera e in un contesto di grande povertà.

Il testo non è privo anche di un certo umorismo: la casa del faraone diventa non solo il luogo ospitale in cui il bambino Mosè trova rifugio, ma anche la scuola nella quale viene formato alla cultura egiziana. Così, colui che Dio chiamerà a liberare Israele cresce e matura proprio alla corte del faraone. Il messaggio del testo biblico è evidente: Dio nella sua onnipotenza e provvidenza è capace di capovolgere le situazioni, inserirsi nelle risoluzioni umane, anche quelle più drammatiche, per dare loro un indirizzo nuovo e inatteso.

Scrive in proposito Pino Stancari: Sembra quasi che l’intervento di Dio creatore consista in una spettacolare presa in giro di tutti i faraoni di questo mondo, ridicolizzati proprio in quegli aspetti di intransigente durezza e di radicalismo fanatico che ne fanno i più cupi oppositori del piano di Dio nella storia. È così che diffondendo sulla storia umana i riflessi del suo sorriso, Dio ribalta dall’interno le intenzioni malvagie dei cuori umani e ne fa degli strumenti – spesso inconsapevoli – della propria opera di salvezza. La creazione del mondo è davvero il frutto di un Dio umorista, che sa piegare al bello le opposizioni umane (P. Stancari, Lettura spirituale dell’Esodo, Borla, Città di Castello 1979, pp. 25-26).

Don Luigi Pedrini