12 Ottobre 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 12 Ottobre 2014

Carissimi Parrocchiani,

 cominciamo a familiarizzarci con la figura di Mosè. Lo si incontra per la prima volta all’inizio del capitolo 2 del libro dell’Esodo e da lì diventa il protagonista dei racconti riferiti nei libri restanti del Pentateuco.

Gli esegeti sono unanimi nell’affermare che Mosè è un personaggio storico, realmente esistito. Vari elementi lo provano. Tuttavia, la prima preoccupazione della Parola di Dio non è di riferire la storia di Mosè, ma di comprendere la storia di Israele alla luce della fede. È, allora, in questo orizzonte teologico-spirituale che vanno letti i racconti biblici, compresi quelli che si riferiscono a Mosè.

La sua vicenda ci porta in Egitto, la terra in cui i figli di Giacobbe sono andati ad abitare. La ragione della loro presenza in questa terra la conosciamo attraverso la storia di Giuseppe, riferita nel libro della Genesi. A motivo della carestia che imperversava nella terra di Canaan l’Egitto era apparso una terra ospitale e appetibile. Per questo i figli di Giacobbe, accogliendo l’invito di Giuseppe vi si erano stabiliti con le loro famiglie.

Da allora, però, molti anni sono passati – circa 400 precisano gli storici – e molte cose sono cambiate: il paese dell’accoglienza provvidenziale si è trasformato, lentamente, nel paese della schiavitù e dell’oppressione. La situazione va peggiorando fino a diventare insopportabile. L’Egitto diventa un paese da cui occorre uscire.

Ma c’è di più. L’Egitto non è soltanto il paese dove i figli di Israele sono trattati da schiavi e, quindi, non possono essere liberi; è anche il paese nel quale è impedita una vera conoscenza di Dio e, di conseguenza, anche un vero culto a Dio. Il bisogno di meglio “conoscere il Signore” e santificare il suo nome diventa un ulteriore incentivo a uscire dall’Egitto per incamminarsi verso la terra di Abramo. Il libro del Deuteronomio offre un testo che mette bene in luce questa dialettica tra la terra d’Egitto e la terra di Canaan.

Il paese di cui stai per entrare in possesso non è come il paese d’Egitto da cui siete usciti e dove gettavi il tuo seme e poi lo irrigavi con il piede, come fosse un orto di erbaggi; ma il paese che andate a prendere in possesso è un paese di monti e di valli, beve l’acqua della pioggia che viene dal cielo: paese del quale il Signore tuo Dio ha cura e sul quale si posano sempre gli occhi del Signore tuo Dio dal principio dell’anno sino alla fine (Dt 11,10-12).

Stando al testo l’Egitto – questa terra che è tutta una pianura desertica attraversata da una striscia di terra verde resa fertile dalle acque del Nilo – è un paese in cui è forte il pericolo di confondere la grazia di Dio con l’efficienza delle forze umane. L’espressione “lo irrigavi con il piede” allude precisamente al lavoro del piede e della gamba degli uomini con il quale si faceva salire l’acqua dal letto del fiume e si irrigava la terra assetata. Non così, invece, nella terra di Canaan… Ma per questo rimandiamo alla prossima volta.

Don Luigi Pedrini