San Leonardo Confessore (Linarolo), 4 Maggio 2014
Carissimi Parrocchiani,
già ho ricordato che Giuseppe è l’uomo sapiente che sa interpretare i sogni e dirimere con equilibrio le questioni politiche. La Scrittura mette in luce anche un terzo aspetto: Giuseppe è il sapiente che sa amministrare i beni con giustizia mettendoli al servizio del bene comune.
Il capitolo 47 della Genesi evidenzia questo riferendo l’amministrazione accorta con cui Giuseppe ha impostato in Egitto la politica agraria. Riferisce che, aggravandosi la carestia al punto che “non c’era pane in tutto il paese” (v. 43), gli egiziani venivano da lui in gran numero ad acquistare il grano, tanto da raccogliere, in questo modo, un’ingente somma per conto del faraone.
Continuando ad imperversare la carestia e non avendo più gli egiziani la possibilità di pagare in denaro, Giuseppe offre loro la possibilità di acquistare il grano in cambio della cessione del loro bestiame. Così, gli egiziani riescono a non soccombere alla carestia per un altro anno.
Il prolungarsi ostinato della carestia con il conseguente esaurirsi delle provviste fatte costringe gli egiziani a chiedere ancora, supplichevoli, aiuto a Giuseppe. “Non nascondiamo al mio signore che si è esaurito il denaro e anche il possesso del bestiame è passato al mio signore, non rimane più a disposizione del mio signore se non il nostro corpo e il nostro terreno. Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e la nostra terra? Acquista noi e la nostra terra in cambio di pane e diventeremo servi del faraone noi con la nostra terra; ma dacci di che seminare, così che possiamo vivere e non morire e il suolo non diventi un deserto!”.
Giuseppe acconsente alla richiesta, acquista per il faraone tutto il terreno dell’Egitto (v. 20) e, poi, lo ridà in gestione agli stessi egiziani perché lo coltivino con questa clausola: Vedete, io ho acquistato oggi per il faraone voi e il vostro terreno. Eccovi il seme: seminate il terreno. Ma quando vi sarà il raccolto, voi ne darete un quinto al faraone e quattro parti saranno vostre, per la semina dei campi, per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra e per il nutrimento dei vostri bambini”. La proposta incontra l’approvazione degli egiziani: Gli risposero: “Ci hai salvato la vita! Ci sia solo concesso di trovar grazia agli occhi del mio signore e saremo servi del faraone!” (vv. 23-25).
Il testo si conclude con questa nota: Così Giuseppe fece di questo una legge che vige fino ad oggi sui terreni d’Egitto, per la quale si deve dare la quinta parte al faraone. Soltanto i terreni dei sacerdoti non divennero del faraone (v. 26).
Riguardo a quest’ultima sottolineatura si può pensare che, probabilmente, all’epoca di Salomone, quando è stato scritto il libro della Genesi, la politica fondiaria degli egiziani era vista come un esempio riuscito di gestione equa dei beni terreni e, per questo, l’autore biblico ha voluto attribuire il merito di questa scelta a Giuseppe. Ad ogni modo, quello che più sta a cuore alla Scrittura è di mostrare che Giuseppe essendo riuscito, in quella difficile situazione, a venire incontro con saggezza ai bisogni di tutti (“Ci hai salvato la vita”, v. 25), realizza la figura del saggio che sa gestire i beni, fedele a Dio, al faraone, e attento alle necessità della gente.
Don Luigi Pedrini