San Leonardo Confessore (Linarolo), 27 Aprile 2014
Carissimi Parrocchiani,
dopo la pausa dovuta sia alla Visita Pastorale del nostro Vescovo, sia agli importanti appuntamenti della Settimana Santa, riprendiamo le fila della vicenda di Giuseppe.
Dicevo l’ultima volta che il libro della Genesi, a partire dal cap. 40, presenta Giuseppe come figura esemplare dell’uomo che ha acquisito la sapienza che viene da Dio. Uno degli ambiti in cui Giuseppe rivela questo dono è il sogno: Giuseppe si dimostra capace di interpretare i sogni e di comprendere meglio, attraverso il sogno, la vita sua e degli altri.
Un secondo ambito in cui si manifesta il dono della sapienza è quello della politica. Giuseppe è l’uomo sapiente che sa prendere in mano con competenza ed equilibrio le redini della delicata situazione politica dell’Egitto. Il faraone si rende conto che Giuseppe possiede questo carisma e non ha esitazione a nominare lui, uno straniero, quale viceré. Sorprendentemente, questa nomina non suscita invidia nei dignitari di corte: la ragione è che l’avvedutezza di Giuseppe si impone per se stessa a motivo delle risposte che sa dare (si pensi ad esempio al consiglio che dà per far fronte all’imminente carestia: “Il faraone […] proceda ad istituire funzionari sul paese, per prelevare un quinto sui prodotti del paese d’Egitto durante i sette anni di abbondanza. Essi raccoglieranno tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire, ammasseranno il grano sotto l’autorità del faraone e lo terranno in deposito nelle città. Questi viveri serviranno al paese di riserva per i sette anni di carestia che verranno nel paese d’Egitto; così il paese non sarà distrutto dalla carestia”. La cosa piacque al faraone e a tutti i suoi ministri, cfr Gen 41,34-37) e, pertanto, si riconosce, come naturale, che Giuseppe abbia a rivestire una carica così alta.
Dunque, Giuseppe non è più semplicemente l’uomo che conosce la psicologia dei sogni e li interpreta, ma anche colui che ha acquistato una saggezza politica. Questa saggezza traspare anche in altri particolari interessanti come, ad esempio, nel rispetto che ha verso il faraone. La Scrittura riferisce che Giuseppe, uscito di prigione, prima di presentarsi dal faraone, “si rase, si cambiò gli abiti” (41,14): è un segno di rispetto. Giuseppe sa bene che il faraone è grande (teniamo presente che gli egiziani lo veneravano come un dio) e che, pertanto, è giusto avere nei suoi confronti un particolare riguardo. D’altra parte, Giuseppe sa altrettanto chiaramente che il faraone, per quanto grande, non è Dio e ci sono occasioni – come nel caso dell’interpretazione dei sogni fatti dal faraone – in cui egli esprime senza riserve questa sua convinzione: Il faraone disse a Giuseppe: “Ho fatto un sogno e nessuno lo sa interpretare; ora io ho sentito dire di te che ti basta ascoltare un sogno per interpretarlo subito”. Giuseppe rispose al faraone: “Non io, ma Dio darà la risposta per la salute del faraone!” (Gen 41,15.16).
Da questo punto di vista possiamo dire che Giuseppe è esempio di come si può entrare in campo politico senza abdicare alla proprie convinzioni di fede. Rispetto certo per le persone, ma – non di meno – rispetto anche per la verità.
Don Luigi Pedrini