2 Marzo 2014

San Leonardo Confessore (Linarolo), 2 Marzo 2014

Carissimi Parrocchiani,

 aggiungo una seconda considerazione sulla vicenda di Giuseppe che si riconcilia con i fratelli.

Egli, come abbiamo visto, è riuscito nell’intento di aprire progressivamente l’animo dei fratelli ad un’autentica fraternità, ma questo ha richiesto, da parte sua, la disponibilità a coinvolgersi in prima persona nell’itinerario di riconciliazione messo in atto.

Giuseppe in questa paziente opera pedagogica non è rimasto all’esterno come uno spettatore distaccato. Al contrario, ha dovuto creare, anzitutto dentro di sé, le condizioni adatte a far germogliare la riconciliazione: la pace che ristabilisce con i fratelli è il riflesso della pace che ha dovuto, in primo luogo, creare dentro di sé.

Non era facile: Giuseppe doveva prendere in mano una situazione delicata che lo toccava profondamente sul vivo sia sul piano degli affetti, sia sul piano delle emozioni. Si sa che gli affetti e le emozioni non sono facilmente dominabili e possono insinuare sentimenti di amarezza, di risentimento, di rivendicazione. Ha dovuto imparare a contenersi, a dominarsi, ad oggettivare le situazioni per avviare e portare a termine il processo di purificazione.

In questo modo, ha aiutato i fratelli a riappropriarsi del loro passato e a riscoprirsi dodici e non undici; ha fatto sì che egli, fratello ‘perduto’, ritornasse ad essere nuovamente presente come ‘fratello’ nella loro memoria e che rifiorissero nel loro cuore sentimenti veri di riverenza filiale nei confronti dell’anziano padre Giacobbe.

I testi sui quali ci siamo soffermati mostrano in crescendo il recupero autentico di queste relazioni: Ruben offre i suoi due figli per Beniamino; Giuda assume la propria responsabilità nei confronti di Beniamino dicendo: “Io mi rendo garante di lui: dalle mie mani lo reclamerai. Se non te lo ricondurrò, se non te lo riporterò, io sarò colpevole contro di te per tutta la vita” (Gen 43, 9).

Questi sono i frutti del paziente e lungo cammino con il quale Giuseppe ha aiutato i fratelli a ritrovarsi. Dunque, per lui non è stato sufficiente dire: “Vi perdono”. È stato, invece, necessario operare con un impegno illuminato, paziente, lungimirante, così da ricostruire gli affetti logorati dalle colpe, dalle menzogne, dall’egoismo.

 Don Luigi Pedrini