10 Novembre 2013

San Leonardo Confessore (Linarolo), 10 Novembre 2013

Carissimi Parrocchiani,

seguiamo i passi graduali del cammino pedagogico messo in atto da Giuseppe nei confronti dei propri fratelli ed entriamo nella seconda tappa. Dobbiamo fare riferimento ai restanti versetti del capitolo 42.

Quindi Giuseppe diede ordine che si riempissero di grano i loro sacchi e si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e si dessero loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto. Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là. Ora in un luogo dove passavano la notte uno di essi aprì il sacco per dare il foraggio all’asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco. Disse ai fratelli: <<Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!>>. Allora si sentirono mancare il cuore e tremarono, dicendosi l’un l’altro: <<Che è mai questo che Dio ci ha fatto?>>.

Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate: <<Quell’uomo che è il signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere come spie del paese. Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri; non siamo spie! Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre: uno non c’è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di Canaan. Ma l’uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo modo io saprò se voi siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate. Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il paese in lungo e in largo>>. Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro, furono presi dal timore (vv. 25-35)

             Dunque, ciascun fratello, ritornando a casa, ritrova nel proprio sacco la borsa di denaro che aveva portato con sé. È degno di nota come reagiscono alla scoperta della prima borsa di denaro nel sacco di uno di loro: “Che è mai questo che Dio ci ha fatto?” (v. 28).  E’ interessante questa menzione di Dio: sta a dire che in tutta questa vicenda va affiorando la presenza di Dio. Nel rimorso cominciano a intuire che in mezzo a loro si sta realizzando un misterioso disegno di Dio

Giunti a casa, raccontano tutto a Giacobbe ed egli ha una reazione di grande dolore. Il padre loro Giacobbe disse: <<Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto questo ricade!>> (v. 36) Giacobbe è un padre profondamente ferito. Alla ferita ancora aperta per la perdita di Giuseppe, ora si aggiunge anche quella di Simeone. A nulla valgono le parole di Ruben che invita il padre a non temere di lasciar partire Beniamino e a non temere per la sorte di Simeone. Nel tentativo di assicurarlo arriva persino a dirgli: <<Farai morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo a me e io te lo restituirò>>. (v. 37). Giacobbe, però, resta fermo nella sua posizione: <<Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi>> (v. 38).

Don Luigi Pedrini